mercoledì 28 dicembre 2011

Campo conservativo => irrotazionale!

Ecco la definizione classica di campo vettoriale conservativo secondo Wikipedia:
"Un campo vettoriale F(x,y,z) si dice conservativo se esiste un campo scalare U(x,y,z) tale che:
F(x,y,z)=gradU(x,y,z)
dove grad è l'operatore gradiente. Se U(x,y,z) esiste, è detto potenziale scalare per il campo F(x,y,z)".

Ma vediamo invece una definzione alternativa.
Poiché il gradiente di una funzione scalare U(x,y,x) è così definito:
gradU(x,y,z)=i∂U/∂x+j∂U/∂y+k∂U/∂z
(dove i,j,k sono i tre versori) la relazione tra il differenziale esatto dU(x,y,z) (vedi il post "Un differenziale... esatto!") e il gradiente della funzione U(x,y,z) è la seguente:
dU=gradUds.
Infatti poiché dU=(∂U/∂x)dx+(∂U/∂y)dy+(∂U/∂z)dz ed essendo lo spostamento infinitesimo ds=idx+jdy+kdz, basta fare il prodotto scalare tra gradU e ds per ottenere dU (si ricordi che ij=ik=jk=0 data la perpendicolarità tra i versori).

Perciò un campo vettoriale F(x,y,z) si dice altresì conservativo se esiste un campo scalare U(x,y,z) tale che:
dU(x,y,z)=F(x,y,z)ds
essendo questa una definizione equivalente a quella del gradiente data sopra (basta sostituire dU=gradUds).
Nota: per quanto si è definito sopra, le forze conservative F(x,y,z) dipendono esclusivamente dalla variabile spazio e non dal tempo, dalla velocità o da altre variabili (condizione necessaria ma non sufficiente).

L'introduzione del differenziale esatto dU(x,y,z) ci permette di fare alcune interessanti considerazioni (anche in riferimento a quanto visto nel post "Un differenziale... esatto!").

Ad esempio, nel caso di un campo di forze F(x,y,z), se integriamo il differenziale dU(x,y,z)=F(x,y,z)ds (come abbiamo già descritto nel post "Energia potenziale<=>Forza conservativa") si ottiene l'energia potenziale U(x,y,z) del campo che (essendo dU un differenziale esatto) dipende solo dai punti A e B in cui si trova il corpo, rispettivamente prima e dopo lo spostamento dovuto al campo di forze, e non dipende perciò dal percorso.

Inoltre si osservi che le componenti del campo vettoriale F(x,y,z) sono (essendo F(x,y,z)=gradU(x,y,z)):
Fx=∂U/∂x,   Fy=∂U/∂y,   Fz=∂U/∂z
da cui segue subito che le derivate parziali incrociate di F(x,y,z) coincidono con le derivate parziali seconde incrociate di U(x,y,z):
∂Fi/∂j=∂2U/∂i∂j   (dove i,j=x,y,z).
Ora, poiché le derivate seconde incrociate di un differenziale esatto non dipendono dall'ordine di derivazione, cioè 2U/∂i∂j=∂2U/∂j∂i (vedi il post "Un differenziale... esatto!") risulterà:
∂Fx/∂y=∂Fy/∂x,   ∂Fy/∂z=∂Fz/∂y,   ∂Fz/∂x=∂Fx/∂z
ma ciò significa (per come è definito l'operatore rotore):
rotF(x,y,z)=i(∂Fz/∂y-∂Fy/∂z)+j(∂Fx/∂z-∂Fz/∂x)+k(∂Fy/∂x-∂Fx/∂y)=0
cioè un campo conservativo è irrotazionale (vedi Wikipedia).

Si noti però che non è sempre vera l'implicazione inversa: infatti la condizione rotF(x,y,z)=0 implica che il campo di forze F(x,y,z) è conservativo ma solo se il dominio su cui è definito il campo F è stellato* (secondo il Lemma di Poincaré).
Nota: per un semplice esempio di campo irrotazionale, ma non globalmente conservativo, vedi Wikipedia.

Questa ultima affermazione si può dimostrare ricordando il Teorema del rotore. Infatti, poiché rotF=0 implica (secondo tale teorema) che l'integrale di Fds lungo una qualsiasi linea chiusa è nullo (ma solo se il dominio di F è stellato), allora segue che l'integrale non dipende dal percorso e quindi dU=Fds è un differenziale esatto; ma ciò significa, secondo la definizione data sopra, che il campo F(x,y,z) è conservativo (cvd).
Nota: per il significato fisico di campo conservativo vedi il post "L'Energia Meccanica si conserva?".

(*) Intuitivamente un insieme S si dice stellato se esiste almeno un punto x in S dal quale qualunque punto di S è visibile (vedi Wikipedia).

mercoledì 21 dicembre 2011

Il Principio di Conservazione... termodinamico!

In questo post vogliamo enunciare il principio di conservazione dell'energia riferito ad un sistema termodinamico chiuso (per i dettagli vedi Wikipedia).
Nota: un sistema si definisce chiuso se non scambia massa con l'ambiente esterno, tuttavia può scambiare qualsiasi forma di energia o lavoro.

Si osservi innanzitutto che la quantità totale di energia U (cioè l'energia cinetica e potenziale) di un sistema a molte particelle in uno stato arbitrario è generalmente ignota.
Si può tuttavia conoscere la variazione ∆U=UB-UA che l’energia interna subisce quando il sistema passa dallo stato iniziale A a quello finale B durante una trasformazione, in quanto possiamo misurare il lavoro L compiuto sul sistema oltre all'energia Q fornita al sistema come calore.

È noto che per un sistema meccanico vale la relazione (vedi il post "Il Teorema della 'Vis Viva'"):
∆Ec=L
cioè la variazione di energia cinetica ∆Ec è pari al lavoro L compiuto dal campo di forze esterne sul sistema meccanico; a questa dobbiamo sommare la variazione di energia potenziale ∆Epot del sistema per ottenere la variazione complessiva di energia:
∆Emecc=∆Ec+∆Epot=Lnc
dove Lnc è il lavoro dovuto a forze non conservative tipo l'attrito (come descritto nel post "E se le forze non sono conservative?").
Nota: in generale risulta L=Lcons+Lnc dove Lcons=-∆Epot è il lavoro derivante da forze conservative, da cui perciò risulta: ∆Emecc=Lnc.

Tuttavia nel caso di un sistema termodinamico (cioè un sistema meccanico a molte particelle) dobbiamo tener conto anche dell'energia Q scambiata sotto forma di calore in modo che l'energia totale si conservi.
Nota: è grazie alla meccanica statistica se possiamo trattare sistemi a molte particelle attraverso grandezze macroscopiche come il calore (vedi il post "Entropia statistica e termodinamica").

In effetti su un sistema termodinamico chiuso (che cioè non può scambiare massa con l'esterno) possiamo agire dall'esterno in due modi: compiendo del lavoro L e fornendo del calore Q.
Nota: vedi ad esempio l'esperimento di Joule che dimostra come lavoro e calore sono in realtà due diverse forme di trasferimento dell'energia.

Possiamo perciò enunciare il Primo principio della termodinamica per un sistema chiuso a molte particelle (dove <Ec> e <Epot> rappresentano i valori medi dell'energia), che in pratica esprime la conservazione dell'energia:
∆U=∆<Ec>+∆<Epot>=L+Q
dove U è una funzione di stato (cioè non dipende dal percorso della trasformazione) detta energia interna del sistema, mentre L è il lavoro esterno fatto sul sistema e Q il calore fornito al sistema (che contribuiscono cioè ad aumentare l'energia interna).
Nota: i segni positivi del lavoro fatto sul sistema e del calore fornito al sistema sono scelti coerentemente: se L e Q aumentano anche ∆U aumenta.

Si noti che la variazione di energia interna è pari a ∆U=∆<Emecc> poiché stiamo trattando un sistema a molte particelle, cioè un sistema che può essere affrontato grazie alla meccanica statistica dove i valori medi dell'energia cinetica <Ec> e potenziale <Epot> sono calcolati su tutte le particelle del sistema (vedi il post "L'espansione adiabatica di Joule").

Ma vediamo un semplice esempio.
Si può dimostrare che per un gas ideale la variazione di energia interna U(T) dipende solo dalla temperatura*, perciò nel caso di una trasformazione isoterma (cioè a temperatura costante), risulta:
∆U(T)=0   =>   Q=-L.
Ciò significa che, non variando la temperatura, tutto il calore fornito per ipotesi al sistema si deve trasformare in lavoro negativo (cioè fatto dal sistema) che diminuisce l'energia interna in modo che ∆U(T)=0.

Ad esempio per una trasformazione reversibile** dove dU=δQ+δL se il lavoro è dato solo dalla variazione di volume, cioè δL=-pdV (vedi il post "Il Lavoro di Volume"), allora quando il sistema si espande la sorgente esterna deve compensare la perdita di calore per evitare che il sistema si raffreddi (essendo la trasformazione per ipotesi isoterma).

Inoltre si osservi che per una trasformazione isoterma con variazione di volume, nonostante la variazione di energia interna ∆U(T) sia nulla, l'entropia S del sistema varia poiché (come si può dimostrare, vedi la nota***) dipende dal rapporto dei volumi Vf/Vi rispettivamente dello stato finale e iniziale del sistema (vedi Wikipedia).
Nota: per la definizione di entropia di un sistema vedi il post "Entropia: una grandezza anomala!".

(*) Possiamo esprimere U(T,V) come funzione di T e V e quindi dU=(∂U/∂T)dT+(∂U/∂V)dV; ora per un gas ideale vale la relazione sperimentale e teorica ∂U/∂V=0 da cui segue dU=(∂U/∂T)dT perciò U(T) dipende solo dalla temperatura (vedi Wikipedia).
(**) Per una trasformazione reversibile (quindi differenziabile) possiamo scrivere, per un sistema chiuso: dU=δQ+δL dove risulta δQ=TdS (vedi il post "Entropia: una grandezza anomala!") e in presenza di solo lavoro di volume si ha δL=-pdV. Quindi si ottiene dU=TdS-pdV che è un differenziale esatto (vedi il post "Un differenziale... esatto!"); integrando dU(S,V) (con T e p costanti) si ha U(S,V)=TS-pV che perciò è una funzione di stato e non dipende dal tipo di trasformazione (vedi Wikipedia).
(***) Per una trasformazione reversibile e isoterma risulta dU=δQ+δL=0 da cui segue (per un lavoro solo di volume dove δL=-pdV): δQ=pdV; inoltre dall'equazione di stato dei gas perfetti segue T=pV/nR per cui sostituendo si ha per la variazione infinitesima di entropia dS=δQ/T=nRdV/V e integrando tra i due volumi (dello stato finale e iniziale del sistema): ∆S=nRln(Vf/Vi ) (cvd).
(Si osservi che essendo l'entropia una funzione di stato, il risultato ottenuto vale anche per una trasformazione irreversibile).

mercoledì 14 dicembre 2011

Entropia: una grandezza anomala!

Abbiamo già discusso la differenza tra il significato fisico del termine calore e quello di temperatura nel post "Calore o Temperatura?"; questi due concetti fisici sono fondamentali per definire l'entropia termodinamica (o meglio la variazione di entropia) che viene così definita (vedi Wikipedia):
"La variazione della funzione di stato entropia S venne introdotta nel 1864 da Rudolf Clausius nell'ambito della termodinamica come
∆S=Qrev/T
dove Qrev è la quantità di calore assorbito o ceduto in maniera reversibile e isoterma dal sistema a temperatura T (costante)".
Nota: per mantenere costante la temperatura T di un sistema termodinamico si può, ad esempio, lasciare che questo si espanda mentre assorbe la quantità di calore Qrev.

È importante sottolineare che solo il calore scambiato reversibilmente, diviso per la temperatura assoluta del sistema (alla quale viene scambiato), rappresenta per definizione la variazione di entropia di un sistema che passa, ad esempio, dallo stato A a quello B.

Facciamo ora alcune osservazioni preliminari sulla definizione data sopra:
-> è più utile definire la variazione di entropia poiché così si evita di introdurre uno stato di riferimento assoluto (difficile da definire) rispetto al quale l'entropia dovrebbe essere definita (mentre la variazione non dipende dal riferimento);
-> l'entropia è una funzione di stato (come è possibile dimostrare)* quindi non dipende dal tipo di trasformazione o dal percorso seguito (che può essere reversibile o meno) ma solo dagli stati iniziale e finale della trasformazione;
-> la variazione di entropia è definita solo per scambi reversibili di calore ma possiamo calcolarla anche su percorsi irreversibili essendo una funzione di stato (considerando cioè solo lo stato iniziale e finale della trasformazione).
Nota: per la definizione statistica del concetto termodinamico di entropia vedi il post "L'Entropia secondo Boltzman".

A questo punto, per fare ulteriori considerazioni sull'entropia, è utile introdurre il Teorema di Clausius (vedi Wikipedia):
"Esso afferma che in un qualsiasi processo ciclico vale la relazione
cicloδQ/T≤0
dove δQ è il calore scambiato dal sistema e T è la temperatura assoluta della sorgente di calore. L'uguaglianza vale solo nel caso di una trasformazione reversibile, mentre per qualunque processo irreversibile vale il segno < ".
Nota: per la dimostrazione del teorema di Clausius vedi il post "Clausius e Carnot: cicli, principî e motori!"

Si osservi che il valore δQ/T sotto integrale non definisce in generale una funzione di stato e quindi non rappresenta l'entropia del sistema; tuttavia ciò è vero quando vale il segno di uguale (infatti per una funzione di stato l'integrale calcolato su un ciclo è sempre nullo) e cioè quando il calore è scambiato in modo reversibile.

Se ora consideriamo due trasformazioni consecutive, cioè una che va dallo stato A a quello B in modo irreversibile e poi un'altra che da B torna in A in modo reversibile, l'integrale sopra può essere scomposto nella somma di due parti:
cicloδQ/T=ABδQirr/T+BAδQrev/T<0
e quindi in generale possiamo scrivere (ricordando che AB=-BA ):
ABδQirr/T<ABδQrev/T=S(B)-S(A)
dove S(X) è definita (a meno di una costante additiva) come l'entropia del sistema nello stato X.
"Ora se in particolare consideriamo la trasformazione irreversibile da A a B in un sistema isolato, l'integrando al primo membro sarà nullo** (essendo in tale sistema δQirr=0)***, quindi in definitiva si ottiene:
S(B)≥S(A)
per qualunque trasformazione termodinamica del sistema isolato" (vedi Wikipedia); il segno di uguale, come abbiamo detto prima, vale solo per una trasformazione reversibile, che passa cioè attraverso stati di equilibrio (e quindi dS=δQrev/T=0 essendo δQrev=0).
Nota: un sistema è isolato quando non scambia con l'ambiente esterno né massa, né lavoro, né calore (cioè δQ=0) o qualsiasi altra forma di energia.

L'entropia è quindi una grandezza anomala nel senso che per essa vale, come abbiamo mostrato, un principio di non conservazione:
"In un sistema isolato e per una trasformazione irreversibile (in pratica tutte le trasformazioni lo sono) l'entropia tende sempre ad aumentare"!
Nota: l'entropia si misura in unità di capacità termica cioè in joule/kelvin.

Questo enunciato di non conservazione rappresenta una delle formulazioni del Secondo principio della termodinamica.
Nota: per le altre formulazioni equivalenti del secondo principio vedi il post "Clausius e Carnot: cicli, principî e motori!"

(*) Dal Teorema di Clausius (descritto sopra) segue subito che l'entropia è una funzione di stato (e quindi che il dS è un differenziale esatto): infatti se il calore è scambiato reversibilmente l'integrale del dS=δQrev/T calcolato su un ciclo è nullo indipendentemente dal percorso seguito (cvd).
(**) L'integrando al secondo membro con δQrev non dipende dal tipo di trasformazione ma solo dallo stato iniziale A e finale B (dato che l'entropia è una funzione di stato); inoltre l'entropia è nulla solo quando δQrev=0 essendo per definizione dS=δQrev/T.
(***) Anche se δQirr/T=0 potremmo comunque avere, per una trasformazione reversibile che collega gli stessi stati A e B, δQrev/T>0 e quindi S(B)>S(A); perciò solo se da A->B si ha δQrev=0 l'entropia è nulla.
(Vedi ad esempio il post "L'espansione adiabatica di Joule" dove l'entropia dipende dalla variazione di volume (vedi la fine del post "Il Principio di Conservazione... termodinamico") e quindi aumenta pur essendo δQirr=0).

mercoledì 7 dicembre 2011

Una Legge "indotta": Faraday&Lenz

In questo post partiamo da un esperimento abbastanza semplice da realizzare e che tratta l'induzione elettromagnetica.

Dotiamoci allo scopo di una spira di corrente (un anello di materiale conduttore), di una calamita (una barretta magnetica con i poli nord/sud) e di un apparecchio per misurare la corrente che circola nella spira (un amperometro collegato in serie).

Supponiamo che inizialmente nella spira non circoli corrente, quindi muoviamo la barretta magnetica (ad esempio lungo l'asse della spira): vedremo che l'apparecchio di misura indicherà una variazione della corrente (ma solo quando muoviamo la calamita).

Se rammentiamo quanto detto nel post "La Forza-elettro-motrice" (cioè che la f.e.m. è la causa della corrente in un circuito elettrico) e osserviamo che la spira rappresenta in pratica un circuito elettrico chiuso, dovremo ammettere che durante l'esperimento è stata indotta una f.e.m. che ha causato la circolazione della corrente.

È intuitivo affermare, data la semplicità dell'esperimento, che la f.e.m. (e quindi il campo elettrico lungo l'anello)* è dovuta al campo magnetico variabile (generato dal moto del magnete) che attraversa la spira: è perciò questa la causa del moto delle cariche elettriche lungo l'anello conduttore.

In effetti possiamo definire formalmente quanto è stato osservato durante l'esperimento, già descritto dal fisico inglese Michael Faraday, che nel 1831 enunciò una legge fisica che generalizza il fenomeno (vedi Wikipedia):
"La legge di Faraday afferma che la forza elettromotrice indotta in un circuito chiuso da un campo magnetico variabile è pari all'opposto della variazione del flusso magnetico del campo attraverso l'area abbracciata dal circuito nell'unità di tempo: 
f.e.m.=-dΦB/dt
dove ΦB è il flusso del campo magnetico B".
Nota: questa legge è nota come la legge della induzione elettromagnetica dato che viene indotta una forza elettromotrice nel circuito elettrico.

Si noti che nella relazione scritta sopra compare un segno meno, questo è in realtà dovuto alla legge di Lenz (Wikipedia).
In particolare "la legge di Lenz, formulata dal fisico russo Heinrich Friedrich Emil Lenz nel 1834, permette di individuare la direzione della forza elettromotrice risultante dall'induzione elettromagnetica:
La forza elettromotrice indotta è sempre tale da generare un campo magnetico che si oppone alla variazione del flusso del campo magnetico concatenato con il circuito".
Perciò il segno meno significa che la f.e.m. si oppone alla variazione del flusso magnetico ed è in pratica dovuto al principio di conservazione dell'energia. Infatti se nell'esperimento precedente non valesse la legge di Lenz, basterebbe muovere appena la barretta magnetica verso la spira e questa verrebbe attirata dalla spira stessa** in modo da innescare un moto continuo e accelerato (in assenza di attrito) con conseguente guadagno di energia cinetica*** a costo praticamente nullo!

Si noti infine che la legge di Faraday-Lenz è ovviamente vera anche in assenza di una spira di corrente nello spazio vuoto (cioè in assenza di cariche): un campo magnetico variabile genera sempre una f.e.m. e quindi un campo elettrico lungo linee chiuse, perpendicolari a quelle magnetiche.
Nota: è noto che la legge di Faraday-Lenz rappresenta una delle quattro equazioni di Maxwell che descrivono il campo elettromagnetico.
 
(*) Per chiarire la relazione tra forza elettromotrice, campo e potenziale elettrico vedi il post "La Carica di prova e il Potenziale elettrico".
(**) Quando in un anello conduttore circola una corrente, questo si comporta come una lamina magnetica bipolare che può attirare o respingere un altro magnete, come nell'esperimento che abbiamo descritto.
(***) In realtà oltre all'energia cinetica della barretta magnetica si otterrebbe anche energia di tipo termico ed energia di radiazione e.m. a causa del moto accelerato della carica lungo la spira.