martedì 8 luglio 2025

E adesso... musica (con il circolo delle quinte)!

È noto che secondo il temperamento equabile una ottava musicale (cioè un intervallo di frequenza con rapporto 2:1) è suddivisa in 12 intervalli uguali (semitoni), dove ogni singola nota si ottiene a partire da una frequenza stabilita, moltiplicata per un coefficiente pari a 21/12 che definisce appunto un semitono (cioè l'intervallo di frequenza più piccolo tra due note).

Se ad esempio prendiamo la frequenza f1=261,6 Hz (come quella assegnata al Do centrale del pianoforte) e la moltiplichiamo dodici volte per 21/12, otterremo in sequenza la frequenza di tutte le note di quella ottava:
Do, Do#, Re, Re#, Mi, Fa, Fa#, Sol, Sol#, La, La#, Si, Do2
e in particolare la frequenza f2 del secondo Do2 sarà pari a
f2=(21/12)12f1=2f1 
cioè esattamante il doppio della frequenza fissata f1 come richiesto.

Ricordiamo che l'alterazione # (diesis) o b (bemolle) indica rispettivamente l'aumento o la diminuzione della nota di un semitono e che ad esempio le seguenti notazioni indicano la stessa identica nota (frequenza):
Do#=Reb - Re#=Mib - Fa#=Solb - Sol#=Lab - La#=Sib
Nota: questa è una caratteristica particolare del temperamento equabile.

È altresì noto che una scala maggiore viene costruita, a partire da una nota di riferimento, con questo schema canonico:
T-T-S-T-T-T-S
dove T indica l'intervallo di un tono (cioè 2 semitoni) mentre S indica un semitono. Ad esempio se vogliamo costruire la scala di Do avremo:
Do-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si-Do
ricordando che tra Mi e Fa c'è un semitono come pure tra Si e Do perciò lo schema è rispettato (gli altri intervalli sono di un tono).

Con questo schema possiamo costruire tutte le scale maggiori (utilizzando le 7 note canoniche con le relative alterazioni*) dove però sostituiremo quelle con eventuali doppi diesis con le scale equivalenti** in bemolle:
1) Scala di DoDo-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si-Do
2) Scala di Do#: Do#-Re#-Mi#-Fa#-Sol#-La#-Si#-Do#
3) Scala di Re: Re-Mi-Fa#-Sol-La-Si-Do#-Re
4) Scala di Mib: Mib-Fa-Sol-Lab-Sib-Do-Re-Mib
(Scartiamo la scala di Re#: Re#-Mi#-Fa##-Sol#-La#-Si#-Do##-Re#)
5) Scala di Mi: Mi-Fa#-Sol#-La-Si-Do#-Re#-Mi
6) Scala di Fa: Fa-Sol-La-Sib-Do-Re-Mi-Fa
7) Scala di Fa#: Fa#-Sol#-La#-Si-Do#-Re#-Mi#-Fa#
8) Scala di Sol: Sol-La-Si-Do-Re-Mi-Fa#-Sol
9) Scala di Lab: Lab-Sib-Do-Reb-Mib-Fa-Sol-Lab
(Scartiamo la scala di Sol#: Sol#-La#-Si##-Do#-Re#-Mi#-Fa##-Sol#)
10) Scala di La: La-Si-Do#-Re-Mi-Fa#-Sol#-La
11) Scala di Sib: Sib-Do-Re-Mib-Fa-Sol-La-Sib
(Scartiamo la scala di La#: La#-Si#-Do##-Re#-Mi#-Fa#-Sol##-La#) 
12) Scala di Si: Si-Do#-Re#-Mi-Fa#-Sol#-La#-Si
Nota
: le scale di Mib/Re#, Lab/Sol# e Sib/La# indicano gli stessi suoni (frequenze), ma quelle in bemolle non hanno doppi # come richiesto.

Si osservi inoltre che le scale di Do#, Fa# e Si nel temperamento equabile hanno gli stessi suoni (frequenze) delle seguenti scale, rispettivamente:
Scala di Reb: Reb-Mib-Fa-Solb-Lab-Sib-Do-Reb (alias scala di Do#)
Scala di Solb: Solb-Lab-Sib-Dob-Reb-Mib-Fa-Solb (alias scala di Fa#)
Scala di Dob: Dob-Reb-Mib-Fab-Solb-Lab-Sib-Dob (alias scala di Si)
Nota: questa osservazione sarà utile per completare il nostro schema di simmetria tra le scale maggiori, come vedremo.

Prima di concludere ricordiamo che con intervallo di quinta si intende un intervallo tra una nota e l'altra pari a 7 semitoni, ad esempio tra Do e Sol o tra Sol e Re c'è un intervallo di quinta giusta (in pratica basta contare 5 note in sequenza come ad esempio Do-Re-Mi-Fa-Sol).
Nota: solo quando tra la prima e la quinta nota ci sono 7 semitoni la quinta è giusta: ad es. l'intervallo Si-Fa ha solo 6 semitoni e la quinta è diminuita.

Ora riepiloghiamo le scale con il numero delle loro alterazioni riportando solo la nota che dà il nome alla scala maggiore con il numero di alterazioni tra parentesi, ad esempio avremo Re(2#) per la scala di Re maggiore.

Raccogliamo quindi nella prima riga le scale con i diesis e poi sotto quelle con i bemolle, sempre in ordine crescente:
Do - Sol(1#) - Re(2#) - La(3#) - Mi(4#) - Si(5#) - Fa#(6#) - Do#(7#)
Do - Fa(1b) - Sib(2b) - Mib(3b) - Lab(4b) - Reb(5b) - Solb(6b) - Dob(7b)

È immediato osservare che la prima riga indica le scale ascendenti per quinte passando da Do a Sol, da Sol a Re etc. mentre la seconda riga indica le scale discendenti per quinte passando da Dob a Solb, da Solb a Reb etc. Ebbene questo schema viene indicato come Circolo delle quinte ed è bene illustrato nella seguente figura***:



Ma in breve a cosa serve il circolo delle quinte?
Scopo didattico: è un ottimo strumento mnemonico per ricordare le alterazioni in chiave e visualizzare le relazioni armoniche tra le scale.
Modulazioni armoniche: è una mappa naturale dei cambi di tonalità, infatti modulazioni verso tonalità adiacenti suonano più naturali.
Relazioni tra tonalità: dalla tonica di un accordo si può ad esempio passare alla dominante (quinta sopra) o alla sottodominante (quinta sotto).

Ma soprattutto mette ben in evidenza una perfetta simmetria tra le scale insita nel temperamento equabile, cosa che ad esempio nel temperamento pitagorico o mesotonico era invece imperfetta e asimmetrica, rendendo inoltre anche visivamente l'importanza degli intervalli di quinta.

(*) In ogni scala devono sempre comparire tutte le 7 note canoniche Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si con le eventuali alterazioni (diesis o bemolle).
(**) Due scale maggiori si dicono equivalenti quando contengono la stessa successione di note (frequenze) anche se la notazione è differente, ad esempio le note: Re#=Mib#, Mi#=Fa, etc. nelle scale Re#/Mib.
(***) In figura compaiono anche le scale minori, che si ottengono dalla sesta nota della corrispondente scala maggiore: ad esempio dal La (sesta nota delle scala di Do maggiore) si ottiene la scala di La minore: La-Si-Do-Re-Mi-Fa-Sol-La. Ciò accade perché se prendiamo lo schema ripetuto della scala maggiore: T-T-S-T-T-T-S  T-T-S-T-T-T-S si ottiene, a partire dal sesto intervallo, lo schema canonico della scala minore: T-S-T-T-S-T-T.

martedì 27 maggio 2025

Come si dimostra (in generale) la relazione E=mc^2

Nel 1905 Albert Einstein pubblicò un articolo fondamentale dal titolo "L'inerzia di un corpo dipende dal suo contenuto di energia?", in cui per la prima volta introdusse esplicitamente la relazione:
E=m0c2.
Questa equazione afferma che la massa inerziale m0 di un corpo a riposo è equivalente ad un'energia E ad esso associata, con la costante c (velocità della luce nel vuoto) che agisce come fattore di conversione.
Nota: si veda anche il post "Una 'deduzione elementare': E=mc^2" per una derivazione alternativa proposta in seguito da Einstein.

Nell'articolo Einstein fa riferimento ad una formula, derivata nel suo primo articolo sulla relatività, che definisce l'energia L′ di un raggio luminoso in un sistema in moto S', rispetto all’energia L nel sistema in quiete S:
L′=L(1−vcos⁡θ/c)/(1−v2/c2)1/2
dove v è la velocità relativa tra i due riferimenti*, mentre θ è l’angolo tra la direzione del raggio di luce e la direzione del moto di S'.
Nota: nel suo articolo sulla relatività Einstein osserva che l'energia L si trasforma come la frequenza f dell'onda, quindi L÷hf dove h è un costante (relazione già ipotizzata da Einstein con h costante di Planck).

Osserviamo subito che per piccole velocità v risulta:
L′≈L(1−vcos⁡θ/c)(1+v2/2c2)
essendo con buona approssimazione 1/(1−v2/c2)1/2(1+v2/2c2) per v<<c.

Consideriamo quindi l'esperimento mentale che fece Einstein nel suo articolo. Supponiamo che un corpo in quiete emetta simultaneamente due raggi luminosi in direzioni opposte di energia L/2, e poi valutiamo il punto di vista di un osservatore in moto con velocità v.
Nota: per semplicità sia i raggi di luce che l'osservatore si muovono lungo X quindi risulterà per i raggi θ=0° e θ=180° rispettivamente, cioè cos⁡θ=±1.

Sistema in quiete S
Secondo il sistema in quiete S il corpo ha energia E0 prima dell'emissione.
Invece dopo l'emissione dei raggi di luce entrambi di energia L/2 il corpo avrà energia E1=E0-L poiché avrà perso una energia pari a L=L/2+L/2.

Sistema in moto S'
Secondo il sistema in moto S' il corpo ha energia H0 prima dell'emissione (che sarà diversa da E0 poiché il corpo ora si trova in moto).
Mentre dopo l'emissione dei raggi di luce di energia totale ∆L'=L'+/2+L'-/2 (dove i pedici + e - indicano le due direzioni opposte lungo l'asse X) il corpo avrà una energia pari a H1=H0-L'.

Calcoliamo quindi quanto vale l'energia L' emessa dal corpo in moto (nell'approssimazione delle basse velocità come visto sopra)**:
∆L'(L/2)(1−v/c)(1+v2/2c2)+(L/2)(1+v/c)(1+v2/2c2)=L(1+v2/2c2).

Se ora scriviamo l'energia cinetica del corpo quando è in moto rispetto a S':
a) prima dell'emissione dei raggi: K0=H0-E0
b) dopo dell'emissione dei raggi: K1=H1-E1
la variazione di energia cinetica ∆K dovuta alla emissione dei raggi di luce è:
∆K=K1-K0=(H1-E1)-(H0-E0)
e quindi ricordando che H1-H0=-L' e che -E1+E0=L si ha (per v<<c):
∆K=L-L'L-L(1+v2/2c2)=-(1/2)L(v2/c2).
Nota: è implicito che in tutti questi passaggi si è fatto uso del principio di conservazione dell'energia.
 
Poiché è noto che l'energia cinetica di un corpo in movimento in generale è pari a (1/2)m0v2 (per basse velocità) risulta:
∆K(1/2)m0v2-(1/2)L(v2/c2)
e quindi l'energia L emessa dal corpo implica una perdita di massa -∆m0 e (per v che tende a 0) risulta esattamente:
-∆m0=L/c2
in modo che la conservazione dell'energia venga rispettata.

A questo punto Einstein fa la seguente definitiva osservazione:
"Da questa equazione segue che: se un corpo emette energia L sotto forma di radiazione, allora la sua massa diminuisce di L/c2. Il fatto che l'energia estratta dal corpo divenga energia di radiazione non cambia evidentemente le cose, ragion per cui siamo condotti alla conclusione più generale secondo cui: la massa di un corpo è una misura del suo contenuto di energia."

Tuttavia, in seguito si è osservato che questa dimostrazione non è del tutto generale, poiché è stata dedotta da un caso particolare, quello di un corpo isolato che emette una radiazione elettromagnetica simmetrica.
Essa non tiene conto di sistemi fisici più complessi, con energia interna, campi, tensioni o distribuzioni non simmetriche: perciò la relazione E=m0c2 viene inferita da un caso particolare, e non è derivata dai principi generali della relatività ristretta, come invece mostreremo in breve.

In effetti solo usando il formalismo della relatività speciale si può introdurre il quadrivettore energia-impulso Pµ:
Pµ=(E/c,p)
dove E/c è l’energia totale divisa per c (componente temporale), mentre p è il vettore quantità di moto totale del sistema (componente spaziale).

Se ora calcoliamo il quadrato invariante di Pµ cioè PµPµ si può introdurre la massa invariante m0 del sistema ponendo PµPµ=m02c2 e quindi:
PµPµ=(E/c)2-p2=m02c2
da cui nel riferimento del centro di massa (dove p=0), si ottiene
E=m0c2
che rappresenta la forma generale, covariante e valida per ogni sistema dell’equivalenza massa-energia: questa relazione è perciò una conseguenza necessaria della struttura formale della relatività speciale***.
Nota: si veda anche il post "Derivare la Massa Relativistica" dove è stata ottenuta la relazione E2-p2c2=m02c4 a partire da principi relativistici.

(*) Si osservi che questo effetto viene definito effetto Doppler relativistico mentre nel caso classico l'effetto Doppler è riferito solo alla frequenza f dell'onda dove risulta: f′=f(1−vcos⁡θ/c). Tuttavia se supponiamo la relazione L=hfL'=hf' (dove h è la costante di Planck) si ha L′=L(1−vcos⁡θ/c).
(**) Secondo l'effetto Doppler classico non ci sarebbero variazioni per l'osservatore in moto risultando: ∆L'=(L/2)(1−v/c)+(L/2)(1+v/c)=L. Solo nel caso relativistico risulta: ∆L'L(1+v2/2c2) (punto chiave dell'articolo).
(***) Una dimostrazione ancora più generale fa uso del tensore energia-impulso che è definibile anche in relatività generale.