mercoledì 19 dicembre 2018

Tempo Proprio (e paradosso dei gemelli)

Nel post "La Dilatazione relativa del Tempo" abbiamo mostrato la relazione che lega l'intervallo di tempo ∆t' misurato da un osservatore in moto (con velocità v costante) e lo stesso intervallo ∆t misurato dall'osservatore in quiete cioè solidale con il suo orologio:
∆t=∆t'(1-v2/c2)1/2.
Questa relazione è valida per tutti i sistemi di riferimento inerziali.
Nota: ciò è vero nell'ipotesi della costanza della velocità della luce e dell'invarianza delle leggi della fisica nei sistemi inerziali.

Supponiamo quindi di avere un osservatore in moto che si sposta lungo l'asse X con velocità v che misura il tempo ∆t' di un orologio in quiete solidale con il suo osservatore (che invece misura un tempo ∆t).

Ora ∆t si definisce tempo proprio poiché è quello che viene misurato dall'osservatore in quiete rispetto al fenomeno osservato: nel nostro caso il fenomeno osservato è proprio il tempo t dell'orologio in quiete (posto in un punto x del suo riferimento).

È noto che in fisica classica due eventi qualsiasi che accadono nello spazio e nel tempo (x1, t1) e (x2, t2) definiscono un intervallo spaziale ∆x=x2-x1 e uno temporale ∆t=t2-t1: questi intervalli di spazio e di tempo sono ritenuti invarianti per qualsiasi osservatore, in quiete o in moto.
Nota: nel nostro caso gli eventi segnano il passaggio dell'osservatore in moto da un punto di coordinate (x1, t1) ad un altro punto (x2, t2).

In fisica relativistica si definisce invece un altro tipo di intervallo ∆s che è invariante per tutti gli osservatori inerziali*, ed è una sorta di unione degli intervalli di spazio e di tempo dei due eventi:
∆s2=c2∆t'2-∆x'2
dove ∆x' e ∆t' non sono più assoluti ma dipendono dal moto relativo degli osservatori (secondo le trasformazioni di Lorentz).
Nota: le coordinate (x', t') con l'apice sono quelle dell'osservatore in moto, mentre per quello in quiete col suo orologio risulta ∆x=0 (vedi oltre).

Il fatto interessante è che nel nostro caso l'intervallo ∆s, detto separazione spazio-temporale tra due eventi, si può esprimere nel sistema in quiete (quello dell'osservatore con l'orologio) semplicemente ponendo ∆x=0 (poiché l'orologio si trova in quiete in questo sistema di riferimento):
∆s2=c2∆t2
dove ∆t rappresenta il tempo proprio dell'osservatore in quiete.
Perciò eguagliando le due ultime relazioni risulta:
c2∆t2=c2∆t'2-∆x'2   =>   ∆t2=∆t'2-∆x'2/c2=∆t'2(1-∆x'2/∆t'2c2).

Se quindi ∆x' rappresenta lo spostamento dell'orologio lungo X' e ∆t' il tempo impiegato a spostarsi, avremo che v=∆x'/∆t' indica la velocità relativa tra i due osservatori; perciò si ottiene:
∆t2=∆t'2(1-v2/c2).
Questa è la stessa equazione già ricavata nel post sopra citato da cui risulta ∆t'>∆t: cioè il tempo t' misurato dal sistema in moto appare dilatato.
Nota: si ha ∆t'=∆t solo quando v=0 cioè se entrambi gli osservatori sono in quiete uno rispetto all'altro.

Si noti che la relazione ottenuta vale solo per moti inerziali rappresentati da rette nello spazio-tempo (di pendenza v); tuttavia se riduciamo l'intervallo ∆s ad un infinitesimo ds allora si ottiene (in modo del tutto equivalente):
dt=dt'(1-v2/c2)1/2
dove dt e dt' sono i relativi intervalli infinitesimi.

Questo risultato non è banale poiché una traiettoria curva di un moto qualsiasi, quindi in generale non inerziale, possiamo suddividerla in infiniti tempi dt' e spostamenti dx' e perciò in infiniti intervalli ds.

Da ciò segue che l'integrale su tutti i tempi infinitesimi dt restituisce il tempo proprio complessivo dell'osservatore solidale con l'orologio:
t=∫dt=∫dt'(1-v(t')2/c2)1/2
da cui si ottiene di nuovo ∆t2=∆t'2(1-v2/c2) se v(t')=costante.
Nota: in pratica è come se suddividessimo la curva del moto in infiniti riferimenti inerziali con velocità istantanea v(t') e intervallo ds.

Dall'integrale sopra si deduce di nuovo che t'>t (essendo (1-v(t')2/c2)<1), cioè il tempo t' misurato da un osservatore in moto qualsiasi è sempre maggiore di quello t di un osservatore in quiete**.

L'asimmetria tra i due sistemi risulta evidente solo quando l'osservatore in moto ritorna nel punto di partenza e confronta il suo orologio con quello rimasto in quiete, verificando che t'>t (vedi il paradosso dei gemelli).
Nota: fatto verificato sperimentalmente ponendo un orologio in moto su un aereo e confrontandolo al rientro con la sua copia rimasta a terra.

Ovviamente se il moto fosse inerziale la situazione sarebbe del tutto simmetrica: le stesse considerazioni si potrebbero applicare all'osservatore in moto che può ritenersi in quiete a tutti gli effetti, supponendo invece in moto l'altro osservatore (per il Principio di Relatività).
Nota: si noti però che non è possibile il confronto diretto tra due orologi, sincronizzati nello stesso punto, e poi divisi dal moto relativo inerziale.

Se però volessimo studiare il fenomeno dal punto di vista dell'osservatore in moto non inerziale, avremmo bisogno della teoria della Relatività Generale; si otterranno coerentemente gli stessi risultati sulla dilatazione temporale prima derivati con la sola applicazione della relatività ristretta (come ben mostrato in questo articolo (pdf) di G.C. D'Amico)***.

(*) Inserendo nel ∆s2 i valori di x' e t' delle trasformazioni di Lorentz si può dimostrare che questo intervallo è un invariante relativistico.
(**) Si può mostrare che l'accelerazione non è fondamentale nella dilatazione del tempo considerando tre osservatori inerziali posti sullo stesso asse: un osservatore in quiete, un secondo in moto inerziale che si allontana e un terzo che si avvicina incrociando quello in allontanamento.
Quando il terzo osservatore incrocia il secondo, sincronizza il suo orologio in volo (senza variare la sua velocità): ebbene anche in questo caso vale la relazione t'>t senza che ci siano accelerazioni degli osservatori in moto.
(L'asimmetria è dovuta al fatto che il tempo viene per così dire "spostato" da un riferimento inerziale all'altro a differenza di quello rimasto in quiete - vedi anche Wikipedia inglese).
(***) In questo caso la situazione non è più simmetrica, poiché l'osservatore è in moto non inerziale e può considerarsi in quiete (locale) solo a patto di introdurre un campo gravitazionale fittizio!
(Vedi il post "Il Principio di Equivalenza: ma=mg")

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