Nel 1905 Albert Einstein pubblicò un articolo fondamentale dal titolo "L'inerzia di un corpo dipende dal suo contenuto di energia?", in cui per la prima volta introdusse esplicitamente la relazione:
E=m0c2.
Questa equazione afferma che la massa inerziale m0 di un corpo a riposo è equivalente ad un'energia E ad esso associata, con la costante c (velocità della luce nel vuoto) che agisce come fattore di conversione.
Nota: si veda anche il post "Una 'deduzione elementare': E=mc^2" per una derivazione alternativa proposta in seguito da Einstein.
Nota: si veda anche il post "Una 'deduzione elementare': E=mc^2" per una derivazione alternativa proposta in seguito da Einstein.
Nell'articolo Einstein fa riferimento ad una formula, derivata nel suo primo articolo sulla relatività, che definisce l'energia L′ di un raggio luminoso in un sistema in moto S', rispetto all’energia L nel sistema in quiete S:
L′=L(1−vcosθ/c)/(1−v2/c2)1/2
dove v è la velocità relativa tra i due riferimenti*, mentre θ è l’angolo tra la direzione del raggio di luce e la direzione del moto di S'.
Nota: nel suo articolo sulla relatività Einstein osserva che l'energia L si trasforma come la frequenza f dell'onda, quindi L÷hf dove h è un costante (relazione già ipotizzata da Einstein con h costante di Planck).
Osserviamo subito che per piccole velocità v risulta:
Consideriamo quindi l'esperimento mentale che fece Einstein nel suo articolo. Supponiamo che un corpo in quiete emetta simultaneamente due raggi luminosi in direzioni opposte di energia L/2, e poi valutiamo il punto di vista di un osservatore in moto con velocità v.
Nota: per semplicità sia i raggi di luce che l'osservatore si muovono lungo X quindi risulterà per i raggi θ=0° e θ=180° rispettivamente, cioè cosθ=±1.
Nota: nel suo articolo sulla relatività Einstein osserva che l'energia L si trasforma come la frequenza f dell'onda, quindi L÷hf dove h è un costante (relazione già ipotizzata da Einstein con h costante di Planck).
Osserviamo subito che per piccole velocità v risulta:
L′≈L(1−vcosθ/c)(1+v2/2c2)
essendo con buona approssimazione 1/(1−v2/c2)1/2≈(1+v2/2c2) per v<<c.Consideriamo quindi l'esperimento mentale che fece Einstein nel suo articolo. Supponiamo che un corpo in quiete emetta simultaneamente due raggi luminosi in direzioni opposte di energia L/2, e poi valutiamo il punto di vista di un osservatore in moto con velocità v.
Nota: per semplicità sia i raggi di luce che l'osservatore si muovono lungo X quindi risulterà per i raggi θ=0° e θ=180° rispettivamente, cioè cosθ=±1.
Sistema in quiete S
Secondo il sistema in quiete S il corpo ha energia E0 prima dell'emissione.
Invece dopo l'emissione dei raggi di luce entrambi di energia L/2 il corpo avrà energia E1=E0-L poiché avrà perso una energia pari a L=L/2+L/2.
Sistema in moto S'
Secondo il sistema in moto S' il corpo ha energia H0 prima dell'emissione (che sarà diversa da E0 poiché il corpo ora si trova in moto).
Mentre dopo l'emissione dei raggi di luce di energia totale ∆L'=L'+/2+L'-/2 (dove i pedici + e - indicano le due direzioni opposte lungo l'asse X) il corpo avrà una energia pari a H1=H0-∆L'.
Calcoliamo quindi quanto vale l'energia ∆L' emessa dal corpo in moto (nell'approssimazione delle basse velocità come visto sopra)**:
∆L'≈(L/2)(1−v/c)(1+v2/2c2)+(L/2)(1+v/c)(1+v2/2c2)=L(1+v2/2c2).
Se ora scriviamo l'energia cinetica del corpo quando è in moto rispetto a S':
a) prima dell'emissione dei raggi: K0=H0-E0
b) dopo dell'emissione dei raggi: K1=H1-E1
la variazione di energia cinetica ∆K dovuta alla emissione dei raggi di luce è:
∆K=K1-K0=(H1-E1)-(H0-E0)
e quindi ricordando che H1-H0=-∆L' e che -E1+E0=L si ha (per v<<c):
∆K=L-∆L'≈L-L(1+v2/2c2)=-(1/2)L(v2/c2).
Nota: è implicito che in tutti questi passaggi si è fatto uso del principio di conservazione dell'energia.
Poiché è noto che l'energia cinetica di un corpo in movimento in generale è pari a (1/2)m0v2 (per basse velocità) risulta:
∆K≈(1/2)∆m0v2≈-(1/2)L(v2/c2)
e quindi l'energia L emessa dal corpo implica una perdita di massa -∆m0 e (per v che tende a 0) risulta esattamente:
-∆m0=L/c2
in modo che la conservazione dell'energia venga rispettata.
A questo punto Einstein fa la seguente definitiva osservazione:
"Da questa equazione segue che: se un corpo emette energia L sotto forma di radiazione, allora la sua massa diminuisce di L/c2. Il fatto che l'energia estratta dal corpo divenga energia di radiazione non cambia evidentemente le cose, ragion per cui siamo condotti alla conclusione più generale secondo cui: la massa di un corpo è una misura del suo contenuto di energia."
Tuttavia, in seguito si è osservato che questa dimostrazione non è del tutto generale, poiché è stata dedotta da un caso particolare, quello di un corpo isolato che emette una radiazione elettromagnetica simmetrica.
Essa non tiene conto di sistemi fisici più complessi, con energia interna, campi, tensioni o distribuzioni non simmetriche: perciò la relazione E=m0c2 viene inferita da un caso particolare, e non è derivata dai principi generali della relatività ristretta, come invece mostreremo in breve.
In effetti solo usando il formalismo della relatività speciale si può introdurre il quadrivettore energia-impulso Pµ:
A questo punto Einstein fa la seguente definitiva osservazione:
"Da questa equazione segue che: se un corpo emette energia L sotto forma di radiazione, allora la sua massa diminuisce di L/c2. Il fatto che l'energia estratta dal corpo divenga energia di radiazione non cambia evidentemente le cose, ragion per cui siamo condotti alla conclusione più generale secondo cui: la massa di un corpo è una misura del suo contenuto di energia."
Tuttavia, in seguito si è osservato che questa dimostrazione non è del tutto generale, poiché è stata dedotta da un caso particolare, quello di un corpo isolato che emette una radiazione elettromagnetica simmetrica.
Essa non tiene conto di sistemi fisici più complessi, con energia interna, campi, tensioni o distribuzioni non simmetriche: perciò la relazione E=m0c2 viene inferita da un caso particolare, e non è derivata dai principi generali della relatività ristretta, come invece mostreremo in breve.
In effetti solo usando il formalismo della relatività speciale si può introdurre il quadrivettore energia-impulso Pµ:
Pµ=(E/c,p)
dove E/c è l’energia totale divisa per c (componente temporale), mentre p è il vettore quantità di moto totale del sistema (componente spaziale).
Se ora calcoliamo il quadrato invariante di Pµ cioè PµPµ si può introdurre la massa invariante m0 del sistema ponendo PµPµ=m02c2 e quindi:
Se ora calcoliamo il quadrato invariante di Pµ cioè PµPµ si può introdurre la massa invariante m0 del sistema ponendo PµPµ=m02c2 e quindi:
PµPµ=(E/c)2-p2=m02c2
da cui nel riferimento del centro di massa (dove p=0), si ottieneE=m0c2
che rappresenta la forma generale, covariante e valida per ogni sistema dell’equivalenza massa-energia: questa relazione è perciò una conseguenza necessaria della struttura formale della relatività speciale***.
Nota: si veda anche il post "Derivare la Massa Relativistica" dove è stata ottenuta la relazione E2-p2c2=m02c4 a partire da principi relativistici.
(*) Si osservi che questo effetto viene definito effetto Doppler relativistico mentre nel caso classico l'effetto Doppler è riferito solo alla frequenza f dell'onda dove risulta: f′=f(1−vcosθ/c). Tuttavia se supponiamo la relazione L=hf e L'=hf' (dove h è la costante di Planck) si ha L′=L(1−vcosθ/c).
(**) Secondo l'effetto Doppler classico non ci sarebbero variazioni per l'osservatore in moto risultando: ∆L'=(L/2)(1−v/c)+(L/2)(1+v/c)=L. Solo nel caso relativistico risulta: ∆L'≈L(1+v2/2c2) (punto chiave dell'articolo).
(***) Una dimostrazione ancora più generale fa uso del tensore energia-impulso che è definibile anche in relatività generale.
Nota: si veda anche il post "Derivare la Massa Relativistica" dove è stata ottenuta la relazione E2-p2c2=m02c4 a partire da principi relativistici.
(*) Si osservi che questo effetto viene definito effetto Doppler relativistico mentre nel caso classico l'effetto Doppler è riferito solo alla frequenza f dell'onda dove risulta: f′=f(1−vcosθ/c). Tuttavia se supponiamo la relazione L=hf e L'=hf' (dove h è la costante di Planck) si ha L′=L(1−vcosθ/c).
(**) Secondo l'effetto Doppler classico non ci sarebbero variazioni per l'osservatore in moto risultando: ∆L'=(L/2)(1−v/c)+(L/2)(1+v/c)=L. Solo nel caso relativistico risulta: ∆L'≈L(1+v2/2c2) (punto chiave dell'articolo).
(***) Una dimostrazione ancora più generale fa uso del tensore energia-impulso che è definibile anche in relatività generale.