venerdì 22 luglio 2011

Quando le Particelle sono... "elementari"?

Quando una particella di materia si può definire elementare?
Ecco la definizione che dà Wikipedia:
"In fisica, in particolare nella fisica delle particelle, una particella elementare è il costituente elementare della materia, un oggetto indivisibile, che non è composto da particelle più semplici".

La definizione è apparentemente semplice, tuttavia (come già discusso nel post "Il dualismo onda-particella") si deve innanzitutto notare che "il termine particella, pur essendo entrato nell'uso comune, non è del tutto adeguato, in quanto la meccanica quantistica ha eliminato la distinzione tra particelle e onde che aveva caratterizzato la fisica del XIX secolo".

Inoltre si osservi che per verificare se una particella è composta da particelle più semplici dobbiamo sottoporla ad esperimenti di scattering (cioè diffusione ottica) ad alta energia; dunque la costituzione di una particella emerge in funzione della quantità di energia impiegata nella collisione, necessaria proprio per sondare la sua struttura.

D'altra parte nella collisione tra particelle potrebbero prodursi altre particelle, che non sono necessariamente più piccole di quelle originarie, ma che sono dovute alla trasformazione in massa (grazie alla nota equazione di Einstein E=mc2) dell'energia cinetica delle particelle incidenti e che perciò non fanno parte della struttura interna della particella.

È stato tuttavia possibile, nelle esperienze di diffusione ad alta energia (ad esempio elettroni che incidono contro protoni e neutroni), mostrare sperimentalmente la struttura interna delle particelle (i ben noti quark) attraverso lo studio accurato della sezione d'urto evidenziata nella collisione*.

In effetti in fisica esiste una teoria, denominata Modello Standard, che descrive e prevede tutte le particelle elementari fino ad oggi scoperte, compreso il famigerato bosone di Higgs, che è stato prima previsto e poi sperimentalmente scoperto** e che sarebbe responsabile della massa inerziale delle particelle.

Tuttavia, a dimostrazione del fatto che la scoperta di nuove particelle elementari non è ancora conclusa, al laboratorio americano del Fermilab "il 4 aprile 2011, dopo aver analizzato i risultati di circa 10.000 collisioni protone-antineutrone, è stata scoperta una nuova particella elementare, probabilmente un gluone o un bosone Z" (vedi Wikipedia).

In definitiva il significato fisico di particella elementare è profondamente legato alla nostra capacità di sondare la materia, sia a livello teorico ma anche e soprattutto sperimentale, per cercare di scoprire la struttura ultima, se questa esiste, di ogni singola particella***.

(*) Gli urti tra particelle possono essere elastici oppure anelastici: solo nel caso elastico l'energia cinetica si conserva e non si trasforma perciò in nuove particelle; tuttavia entrambi i tipi di urto possono fornire informazioni utili sulla struttura interna della particella bersaglio.
(**) Come ricorda Wikipedia "una particella con caratteristiche compatibili con il bosone di Higgs (teorizzato nel 1964) è stata osservata nel 2012 negli esperimenti ATLAS e CMS condotti con l'acceleratore LHC".
(***)  Con gli attuali acceleratori ad alta energia è possibile sondare particelle ritenute puntiformi (come quark e leptoni) fino a distanze di 10-17 m alle quali in effetti non presentano nessuna struttura interna.

martedì 12 luglio 2011

Massa a riposo "nulla"!

Riprendiamo due precedenti post come "Il concetto fisico della Massa" e "Il Fotone che 'media'" per definire meglio cosa si intende con massa a riposo di una particella e in particolare qual è il significato di massa nulla.

È noto che nell'ambito della fisica classica la massa è una proprietà intrinseca della materia, che resta costante in ogni sistema isolato.
Tuttavia "nel quadro più ampio della relatività ristretta, specialmente in una prospettiva storica, la massa relativistica non è più una proprietà intrinseca della materia ma dipende anche dallo stato della materia stessa e dal sistema di riferimento in cui viene osservata" (vedi Wikipedia).

Detto questo si deve però osservare che anche nell'ambito relativistico "è possibile definire un invariante relativistico, detto massa a riposo o massa invariante m0 al quale la massa relativistica* si riconduce nel caso in cui la particella sia in quiete" (ovviamente rispetto al sistema di riferimento considerato).

Sappiamo cioè che, una volta definita la quantità di moto p e l'energia relativistica E di una particella in moto, la massa invariante m0 si ricava dall'equazione: 
(m0c2)2=E2-(pc)2
dove c è la velocità della luce nel vuoto.
Nota: questa fondamentale relazione della Relatività Ristretta è stata derivata nel post "Derivare la Massa Relativistica".

La massa a riposo m0 (invariante) resta quindi la stessa per qualsiasi sistema di riferimento e, in particolare, quando ci troviamo nel riferimento in cui la particella si trova in quiete (cioè quando la quantità di moto è p=0), l'equazione precedente si riduce alla nota relazione E=m0c2 che rappresenta l'energia della massa in quiete.

Si osservi che quando la massa della particella è nulla (cioè per m0=0) ricaviamo, sempre dalla precedente equazione, la relazione E=pc; ciò vale ad esempio per il fotone, che come è noto ha massa nulla ma quantità di moto diversa da zero.
Nota: ricordiamo che il fotone** ha energia E=h/T dove T=λ/c è il periodo e λ la sua lunghezza d'onda; perciò dalla relazione E=pc si ricava p=h/λ.

Infine, se osserviamo che in generale per una particella in moto relativistico risulta p=mv ed E=mc2 (m è la massa relativistica della particella) possiamo ricavare la velocità v della stessa in modo indipendente dalla massa:
v=pc2/E
da cui si ottiene che, quando E=pc (cioè per particelle con massa nulla), si ha v=c.
Nota: perciò particelle con massa nulla non possono risultare in quiete rispetto a nessun sistema di riferimento inerziale ma presentano sempre la stessa velocità c.

Dovrebbe perciò essere chiaro perché la velocità del fotone nel vuoto***, che ha massa nulla, deve essere proprio quella della luce!

(*) Per chiarire il significato fisico della massa relativistica vedi il post "Derivare la Massa Relativistica".
(**) Il valore di E=h/T attribuito al fotone è dovuto ad Einstein e alla sua corretta interpretazione dell'effetto fotoelettrico (vedi il post "Un effetto Foto-elettrico!").
(***) In un mezzo solido, fluido o gassoso la velocità v della luce è minore di quella nel vuoto dato che gli atomi presenti nel mezzo in parte l'assorbono, in parte la riemettono oppure la diffondono; in questi casi si definisce l'indice di rifrazione del mezzo n=c/v>1.

Ma cos'è una "Onda"?

Secondo quanto affermato da Wikipedia "non è semplice dare una definizione autonoma e precisa del termine onda, sebbene questo termine sia comunemente molto usato in contesti molto differenti fra loro".

In effetti in fisica il termine onda viene usato per fenomeni periodici diversi, ad esempio avremo: "le onde elastiche, le onde di pressione (onde acustiche e onde d'urto), le onde marine, le onde elettromagnetiche (la luce), le onde gravitazionali, le onde sismiche".

Storicamente si hanno due tipi di approccio al fenomeno ondulatorio (in particolare la propagazione di un'onda), quello della fisica classica e quello della fisica quantistica; ricordiamo infatti che (per i dettagli vedi Wikipedia):
-> "secondo il modello concettuale della fisica classica, si può affermare che in natura, al di là delle nozioni di spazio, tempo, energia e carica elettrica, tutto ciò che non è materia (cioè dotato di massa) è un'onda, cioè energia in propagazione";
-> mentre "agli inizi del XX secolo la meccanica quantistica, attraverso il principio di complementarietà, sancisce il cosiddetto dualismo onda-particella" definendo quindi un nuovo e rivoluzionario concetto dell'universo fisico (di cui abbiamo già trattato nel post "Il dualismo onda-particella").

Nel contesto fisico attuale un preciso significato fisico del fenomeno di propagazione di un'onda si trova esclusivamente nella sua descrizione matematica, dove possiamo introdurre una particolare funzione periodica f(x,t) che per definizione lo rappresenta (vedi Wikipedia). In breve possiamo affermare che:
"Una funzione f(x,t) rappresenta un'onda che si propaga lungo l'asse X di un sistema di riferimento cartesiano se la dipendenza dallo spazio x e dal tempo t è data dalla sola combinazione di (x±Vt) cioè: 
f(x,t)=f(x±Vt)
dove V è una costante positiva"* (che definiremo di seguito).

In questo contesto appare chiaro cosa si intende con perturbazione fisica di un'onda**: infatti se la funzione dell'onda è definita come sopra "la perturbazione dipende dall'argomento ξ=x±Vt e quindi trasla lungo lo spazio e nel tempo a velocità V costante e senza cambiare la sua forma.
Consideriamo infatti la stessa perturbazione al tempo t+Δt e nel punto x+Δx si avrà, posto ∆x=λ la lunghezza dell'onda e ∆t=T il suo periodo:
ξ=x±Vt=x+∆x±V(t+∆t)=x±Vt+(∆x±V∆t)=costante
da cui deve seguire che Δx±VΔt=0 ottenendo di conseguenza: ∆x/∆t=±V" (dove V rappresenta perciò la velocità dell'onda).

Se ora riscriviamo f(x,t)=f(x±Vt)=f(ξ(x,t)) (dove ξ=x±Vte applichiamo le regole di derivazione delle funzioni di funzione a f(ξ(x,t)) otteniamo:
∂f(ξ)/∂x=(df/dξ)(∂ξ/∂x)=df/dξ   (essendo ∂ξ/∂x=1)
∂f(ξ)/∂t=(df/dξ)(∂ξ/∂t)=±Vdf/dξ   (essendo ∂ξ/∂t=±V)
quindi derivando una seconda volta si ha:
2f/∂x2=d2f/dξ2   e   ∂2f/∂t2=V2d2f/dξ2
da cui segue perciò l'equazione delle onde (meglio nota come equazione di d'Alembert):
2f/∂t2=V22f/∂x2
che ricordiamo ha come soluzione generale:
f(x,t)=g(x-Vt)+h(x+vt).
Nota: la funzione g(x-Vt) rappresenta un'onda che si propaga nel verso positivo dell'asse X mentre h(x+Vt) si propaga nel verso opposto.

(*) Consideriamo qui un'onda ideale f(x,t) che non dissipa energia e che mantiene la stessa forma durante la propagazione. In pratica ciò significa che dato un punto P dell'onda durante lo spostamento, questo ripresenta periodicamente lo stesso valore (cioè fP(x±Vt)=costante) ogni volta che x±Vt=costante; da ciò segue per derivazione dx/dt=±V che definisce quindi la velocità di fase V di un punto P qualsiasi dell'onda.
Per completezza ricordiamo invece che il caso di una onda dispersiva, che cambia cioè la sua forma durante il moto (ma senza dissipare energia), può essere rappresentato (grazie all'analisi di Fourier) da una somma di onde sinusoidali, cioè un pacchetto d'onde la cui velocità Vg≠V è detta velocità di gruppo dell'onda (per i dettagli vedi i post "Velocità di Fase e di Gruppo!" e "Onde, armoniche e... Fourier!").
(**) Si osservi che con questa definizione possiamo parlare di fenomeno di propagazione ondulatoria anche quando non esiste un mezzo di propagazione (ad esempio le onde elettromagnetiche nel vuoto) o non viene trasportata energia lungo lo spazio (per esempio le onde stazionarie).