"La forza elettromotrice, comunemente abbreviata in f.e.m., è la causa della differenza di potenziale ∆V tra due punti di un circuito aperto o del flusso di corrente elettrica I all'interno di un circuito elettrico (chiuso per definizione)".
Per chiarire la definizione ricordiamo innanzitutto che "la differenza di potenziale ∆V tra due punti immersi in un campo vettoriale conservativo corrisponde all'energia necessaria per spostare un elemento di valore unitario (unità di carica) dal potenziale più basso al punto con maggior potenziale"* (vedi Wikipedia).
Nota: per chiarire il significato di potenziale elettrico (o differenza di potenziale) vedi il post "La Carica di prova e il Potenziale elettrico".
Ed inoltre rammentiamo che l'elemento duale del potenziale V cioè "la corrente elettrica I è un qualsiasi moto ordinato di cariche elettriche, definito operativamente come la quantità di carica elettrica che attraversa una determinata superficie nell'unità di tempo" (vedi Wikipedia).
Ed inoltre rammentiamo che l'elemento duale del potenziale V cioè "la corrente elettrica I è un qualsiasi moto ordinato di cariche elettriche, definito operativamente come la quantità di carica elettrica che attraversa una determinata superficie nell'unità di tempo" (vedi Wikipedia).
Quindi la f.e.m. di un generatore può essere definita in questi due casi**:
a) circuito aperto: misurando la tensione E ai capi di un generatore a circuito aperto, cioè in "uno stato di non collegamento fra due punti dove la differenza di potenziale può assumere valori arbitrari" (Wikipedia);
oppure
b) circuito chiuso: rilevando la tensione ∆V ai capi di un generatore a circuito chiuso, cioè in uno stato di "interconnessione di elementi elettrici collegati insieme in un percorso chiuso in modo che la corrente I possa fluire con continuità" (Wikipedia).
Nel caso b dobbiamo però tener conto della resistenza interna del generatore che riduce la f.e.m. utilizzabile a circuito chiuso.
Se ad esempio consideriamo un generatore di tensione la cui forza elettromotrice è pari ad E (misurata a vuoto, come nel caso a), la differenza di potenziale ∆V che può generare (misurata sotto carico, come nel caso b) è pari a ∆V=E-RI dove R è la sua resistenza interna ed I è la corrente del circuito: E rappresenta la forza elettromotrice del circuito elettrico.
Ma vediamo la definizione generale di forza elettromotrice; in entrambi i casi sopra discussi possiamo definire così la f.e.m.*** (vedi Wikipedia):
f.e.m.=L/q
dove L rappresenta (nel caso a) il lavoro che farebbe un generatore sulla unità di carica q per spostare quest'ultima dal punto di potenziale più basso al punto con maggior potenziale oppure in modo equivalente (nel caso b), è il lavoro fatto per spostare la carica q lungo la linea chiusa che definisce un circuito elettrico; ma in questo caso dobbiamo considerare anche il lavoro per vincere la resistenza interna R del generatore (come detto sopra):
L=qE=q(∆V+RI).
Infine in presenza di un flusso continuo di cariche (cioè se I=dq/dt), possiamo definire la f.e.m. con i valori infinitesimi di lavoro e di carica:
f.e.m.=dL/dq.
(*) Se il campo elettrico è conservativo, il lavoro non dipende dal percorso della carica ma dipende solo dai punti A e B in cui essa si trova prima e dopo lo spostamento (vedi il post "Energia potenziale<=>Forza conservativa").
(**) Esiste anche un terzo caso (che tratteremo nel post "Una Legge indotta: Faraday&Lenz") cioè la forza elettromotrice indotta; essa si manifesta lungo un percorso chiuso (in un campo elettrico non conservativo) anche in assenza di elementi elettrici o di cariche elettriche.
(***) La f.e.m. è spesso indicata con E oppure a volte con V, anche se il simbolo V di solito indica il potenziale elettrico (vedi il post "La Carica di prova e il Potenziale elettrico").
MA SEI SICURO ?
RispondiEliminaio sì... e tu? ;)
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